Sul finire degli anni '90, ho rilasciato un'intervista al Resto del Carlino, per far comprendere la pericolosità di Cosa nostra, che pure aveva sfarzosamente esibito tutta la potenza militare con la mattanza degli anni '80. Nell'intervista, auspicavo un diverso intervento da parte dello Stato per recidere i tentacoli della Piovra e appunto mi lamentavo che nonostante gli omicidi di tanti appartenenti alle Istituzioni, lo Stato ignorava i campanelli d'allarme: Cosa nostra aveva assassinato Dalla Chiesa, Pio La Torre, Mattarella, Funzionari di polizia, Ufficiali dei carabinieri e semplici agenti. Ma, lo Stato sornione ed incapace, apparentemente disinteressato, sembrava essere sordo al grido di dolore che echeggiava nell'intera Sicilia, salvo poi scoprire che nel frattempo trattava coi mafiosi. In buona sostanza gli omicidi facevano parte di una “normalità” che il Popolo siciliano era costretto a subire. Era, l'affermazione di una volontà meschina e ottusa, ma con interessi convergenti tra lo Stato e Cosa nostra: una sorta di saldatura per raggiungere l'odioso fine lucrativo, sia in termine di scambio di voti che in quello puramente finalizzato ai picciuli. E' vero, non lo nascondo, sono arrabbiatissimo coi politicanti di allora e con quelli di oggi. Se mi fermo a riflettere e compio una disamine dei fatti che mi han visto testimone, la rabbia aumenta oltre misura. Noto le medesime “disattenzioni” di allora, noto che dopo il fiume di sangue versato da Uomini onesti e moralmente incorruttibili, nulla è cambiato. Anzi, dopo quei campanelli d'allarme a cui facevo riferimento, questo Stato ha permesso il sacrificio di altri Uomini, come Falcone, Borsellino e tanti carabinieri, poliziotti e inermi cittadini. E qual è stata la risposta dello Stato? Trattare coi carnefici, trattare con chi si è macchiato di ignobili azioni, finanche assassinare due creature innocenti come le sorelline Nencioni perite nella strage di via Dei Georgofili. Al sol pensiero che persone del mio entourage ai quali ho stretto la mano, abbiano potuto dialogare e mediare con i carnefici di Cosa nostra, nella cosiddetta “trattativa”, mi ripugna e mi fa rabbrividire.
E, voglio dirlo con estrema franchezza a me non interessa che il processo sulla trattativa giunga a termine: ho già preventivato che culminerà con l'assoluzione di tutti gli imputati. E non mi interessano nemmeno le esternazione della Santanchè, che definisce Marcello Dell'Utri non mafioso: sono dichiarazioni che sento da trentanni. Ma, vorrei sottolineare un aspetto del mondo mafia che sembrerebbe essere ammantato da un mistero impenetrabile. In realtà, per un semplice manovale del Diritto penale come me, che è stato anche una comparsa alla lotta mafiosa, quel mondo è talmente aperto e carico di significati che non occorre una sentenza del Tribunale per farmi comprendere lo status di Dell'Utri o sulla trattativa. E per meglio far comprendere il mio pensiero, sottolineo che Salvatore Riina ed altri mafiosi, quando la sua mafiosità era di dominio pubblico, un Tribunale ne sanciva la non appartenenza alla mafia, assolvendolo. O, come il “ Papa”, Michele Greco, pur essendo il capo indiscusso di Cosa nostra e il popolo sapeva, gli è stato rilasciato il porto d'armi da parte della Questura di Palermo. Quindi, quando trattiamo argomenti di mafia, per favore si faccia il distinguo tra verità e verità giudiziaria. Non è una sentenza di assoluzione che escluda la mafiosità di un individuo.
Ma quello che ho scritto poc'anzi lo sanno molto bene, sia i politici che i soloni esperti di mafia: solo che fanno gli gnorri e spero vivamente che in futuro i rintocchi dei campanelli d'allarme non siano silenti. Non potrei accettare ancora una volta di vedere i politici strapparsi le vesti con innata ipocrisia.
Pippo Giordano